martedì, gennaio 05, 2010

La polvere e la neve


Di seguito l'inizio dell'articolo di Paolo Rumiz pubblicato su La Repubblica il 3 gennaio intitolato: "Officina Corona. Il cacciatore di parole nella bottega-foresta":

"Nel buio arrivano prima gli odori.
Fumo di toscano e resina di abete, colla da rilegatura, neve. Inchiostro, carta, ghisa di stufa rovente, polvere, lana umida ad asciugare. Formaggio, legno scortecciato di cembro, pelo di cane, lama di ferro dolce passato alla mola.

Poi cominciano i suoni. Botti e sfrigolii di ceppi sul fuoco, faggio ben stagionato, tica tac di una pendola a cucù, un camino che tira, una radio a basso volume.
Ultimi arrivano i rumori sommessi: pagine sfregate, ticchettar di pioggia, un pennino che gratta la carta come un topo.

Alla fine le visioni. Sulla porta, una folla di mostri-amuleti contro il mondo: rane mummificate, gufi di legno e maiolica, una morte con la falce.

Sto entrando in un posto che è tana e bottega, magazzino e biblioteca, antro di ciclope e laboratorio di alchimista, accademia e spazio talibano. Per terra libri, chiodi e moschettoni d'arrampicata".


L'articolo ti fa davvero entrare nel mondo di Corona: ti sembra quasi di vederlo mentre risponde alle domande di Rumiz. E' in realtà una non-intervista in quanto ciò che viene fuori forse è qualcosa di più di quanto il giornalista si sarebbe aspettato come risposta.
Mi ha colpito moltissimo il pezzo in cui si sottolinea come su tutto ci sia un dito di polvere.

"Problema? Macchè.
"Se qualcuno mi sposta le cose sparo. Qui trovo tutto.
E poi la polvere è il segno del tempo. Toglierla è come togliere la neve. Bisogna aspettare che se la porti via il vento".

P.S. La foto l'ho scattata ieri mattina dall'ufficio: nevicava così tanto che non si poteva non immortalare l'evento!

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